Reventino Campo Base

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Non chiamiamole escursioni o passeggiate. Piuttosto chiamiamoli viaggi all’interno di un territorio. Perché tali sono, soprattutto quando incontri qualcuno che il territorio te lo racconta con passione.

È stata una bellissima domenica quella trascorsa insieme ad Edrevia, l’associazione di promozione sociale che prende il nome dalla fantastica comunità degli alberi raccontata da Stefano Mancuso nel suo romanzo “La tribù degli alberi”. Siamo partiti dal rifugio forestale di Condrò, una struttura nel cuore del bosco, a poca distanza dal Passo, che grazie all’impegno dell’associazione risorgerà a nuova vita, e ci siamo subito immersi nella bellissima pineta percorrendo una pista forestale che, in pochi minuti, ci ha condotti fino alla cima del monte, a circa 1200 m slm. Il percorso, è agevole, adatto a tutti, ed è caratterizzato dalla presenza di rocce coppellate, tracce di frequentazioni umane risalenti ad epoca preistorica, che il nostro amico Angelo Aiello ci ha raccontato.

In cima al monte il panorama si apre e abbraccia le valli dei fiumi Amato e Corace. Gli abitati di Soveria, Castagna, Carlopoli, si stagliano all’orizzonte come altrettanti presepi avvolti dalla sottile foschia. È un altro punto di vista sul territorio, che è necessario ad ognuno di noi. Guardare il proprio paese da un’altra posizione, come non lo si era mai visto, aiuta a comprenderlo meglio. A volte bisogna salire un po’ più in alto per guardare lontano, per immaginare un futuro diverso per la nostra terra.

Durante il percorso ho la possibilità di discutere con Giuseppe Paletta, che mi parla dell’associazione. Qualcosa di bello può nascere ancora tra queste montagne. Edrevia è un progetto che si propone di raccontare un territorio, perché è proprio la dimensione del racconto che spesso manca ai nostri luoghi.

Dall’esterno arrivano ricette di sviluppo, inviti a stereotipare i luoghi, trasformandoli in tanti parchi giochi per turisti. Edrevia rappresenta altro: il tentativo di raccontare e far conoscere l’anima di un territorio, senza fronzoli e retorica.

Lo scrivo da anni, i nostri paesi devono essere raccontati prima di tutto a noi che li abitiamo, perché spesso non li conosciamo più. Devono essere resi abitabili per noi che abbiamo scelto di vivere qui. Per questo il primo bisogno, la prima richiesta da fare alla politica è quella di restituire dignità ai nostri territori, battersi perché vengano mantenuti e ripristinati i servizi. Perchè se il territorio diventa vivibile per noi che lo abitiamo lo sarà anche per chi lo vuole conoscere. Se vivere un luogo è già difficile per chi lo abita, come possiamo pretendere che il turista venga e poi magari ritorni?

Il cammino prosegue attraverso uno splendido bosco di cerro e ci conduce fino alla strada asfaltata. Da lì ci immergiamo nella faggeta, un bosco storico che conserva, in ogni stagione, il fascino della fiaba. Raggiungiamo in breve tempo la Pietra dei Màrgari, una delle più belle formazioni rocciose dell’intero territorio. Storia e leggenda si intrecciano nel racconto di Angelo che attizza la nostra immaginazione facendo rivivere maghi e immaginari popoli del bosco. Ma la faggeta di Serrastretta non è solo leggenda, è anche la storia di una comunità che ha saputo costruire un’economia importante intorno al legno. L’emozione di Angelo è palpabile quando ci racconta di un mondo, il suo, ormai quasi scomparso. Boscaioli, segantini, “seggiari”, buoi e muli si materializzano dalle sue parole e la faggeta ci appare per quel che era: un mondo antropizzato, vivo, un laboratorio all’aperto in cui natura e uomo vivevano in perfetta armonia.

Non chiamiamole escursioni quindi, chiamiamoli viaggi, perchè camminare nei boschi, se lo fai con le persone giuste che ti guidano nella decodificazione degli elementi che compongono il paesaggio, equivale ad entrare in biblioteca. Mi piace usare la metafora del libro: il territorio è come un bel libro, per conoscerlo devi frequentarlo (aprirlo).

Entrare nella grande “biblioteca” del nostro territorio ci rende capaci di conoscere le sue dinamiche culturali e ci consente di governarlo meglio.

E se i nostri politici imparassero a frequentare i boschi…?

Una breve sosta per una foto e in breve tempo raggiungiamo il rifugio dove ci attende il pranzo.

di Raffaele Arcuri